Casa Rossa – Francesca Marciano

“C’era un patto silenzioso tra me e mia sorella. Andare avanti. Sopravvivere a tutto”.

Leggendo la storia di Alina e di sua sorella Isabella, della loro madre Alba e della nonna Renée, mi è venuto in mente un articolo letto tempo fa in cui si sosteneva che i traumi si possono trasmettere per via ereditaria fino alla terza generazione. Secondo l’epigenetica, la branca della genetica che studia l’influenza dell’ambiente sulla trascrittura del genoma, le malattie mentali, la depressione ma anche le sofferenze e le paure vissute dai genitori o dai nonni possono irrompere nelle vite di figli e nipoti, lasciando segni indelebili.

“Qualcosa è passato di mano in mano da una donna all’altra, nella mia famiglia. Non so quale nome dargli. È un segreto, un lascito di cui è bene non si parli. Qualcosa che ci pesa. È stato proprio quel peso a storpiarci lentamente, l’una dopo l’altra, come il fil di ferro torce il fusto di una pianta”.

Ancora più della genetica, ciò che sembra gravare sulla vita di Alina e Isabella sono i silenzi, i non-detti, e soprattutto l’ombra lunga di un sospetto atroce che segnerà le loro esistenze. Le due sorelle temono infatti che Alba sia in qualche modo coinvolta nella scomparsa del loro padre, Oliviero, morto suicida quando non avevano che undici e tredici anni.

La voce narrante è quella di Alina, la minore, che si incarica di vendere Casa Rossa, l’antica masseria del Salento acquistata e ristrutturata dal nonno Lorenzo negli anni ’30. Una casa dalle pareti ancora impregnate di ricordi, dagli arredi che custodiscono segreti, dove è ancora palpabile la sofferenza vissuta dai suoi abitanti e passata di mano in mano come una dolorosa staffetta.

Giovane pittore, Lorenzo si era innamorato della Puglia perché solo lì “la luce rimbalza da un mare all’altro, si incontra a metà e si rifrange di nuovo in quel modo sfolgorante, lussuoso come oro”. Così come si era innamorato a prima vista della vecchia masseria, tanto da sentirla visceralmente sua appena varcatane la soglia, così si era sentito dolorosamente attratto dalla bellissima Renée, la giovane tunisina incontrata in un bar della Costa Azzurra che in poco tempo era diventata la sua modella e poi sua moglie (“Ci si innamora di un posto allo stesso modo in cui ci si innamora di una persona. Si soffrono le stesse gelosie”). Renée era diventata la sua ossessione, a giudicare dalle centinaia di ritratti rinvenuti e soprattutto dall’enorme nudo della donna dipinto sulla facciata della casa.

A differenza di Lorenzo, Renée non era felice a Casa Rossa, dove la famiglia trascorreva le lunghe vacanze estive. Le mancava la vita di Parigi, i ricevimenti, gli abiti eleganti e gli incontri con gente famosa. Così, aveva abbandonato la famiglia per seguire Muriel, una donna tedesca conosciuta a una festa. Lorenzo era quasi impazzito per il dolore. Alba, che all’epoca aveva solo tre anni, era cresciuta imparando fin da subito a non nominare mai Renée per non causare altra sofferenza al padre.

“Era stato proprio quel silenzio la forza che l’aveva piegata, facendola diventare quella che era. Una forza persistente che, col passare del tempo, l’aveva rattrappita, ripiegandola su se stessa.”

Alina ricostruisce la storia della sua famiglia attraverso ricordi e fotografie, in alcuni casi facendo ricorso all’immaginazione, come per l’incontro tra i suoi genitori, avvenuto nel 1958 su un treno in viaggio verso il sud dove Oliviero, giovane sceneggiatore di Roma, era diretto in cerca di ispirazione.

Orfane di padre e cresciute da una madre sfuggente e incapace di esprimere sentimenti, Alina e Isabella finiscono per sentirsi come svuotate (”era una sensazione strana aver imparato a non amare più niente e nessuno”). Assistiamo alla loro discesa agli inferi: Isabella si unisce ad un gruppo terroristico cercando di “spacciare il suo malessere per ideologia” e finendo poi per perdersi nel posto più lontano, “dentro se stessa”; Alina troverà temporaneamente rifugio nella droga, prima di trasferirsi negli Stati Uniti, nel tentativo di “rompere quel circolo vizioso di tradimento e dolore in cui sembrava imprigionata la (sua) famiglia”. Ma sarà grazie al cinema, con le sue storie inventate, che Alina riuscirà a sovvertire un destino che sembrava già segnato e a riscrivere la sua, di storia. Diventando sceneggiatrice, inoltre, avrà la possibilità di ritrovare idealmente il padre e il suo mondo.

“E forse, penso, ormai tutti noi siamo una storia, quale che sia, al di là di quello che poi è successo veramente. È la storia che abbiamo ereditato, quella che ci ha scolpito, che ci ha fatto diventare le persone che siamo oggi”.

Francesca Marciano, Casa Rossa, Longanesi, 2003, 387 pp.